Sempre più frequentemente la società tende a comprimere le idee liberali, laiche ed egualitarie sotto la parola “comunismo”. Se sei a favore dei porti aperti sei “comunista”, se non sei leghista sei “comunista”, se sei favorevole alla liberalizzazione delle droghe leggere sei “comunista”, in breve, se ti intendi un minimo di politica ti viene dato del comunista.

A seguito di questo clima generale di disinformazione e uso improprio del termine, ho iniziato a ragionare sul perché sia nato lo stereotipo del Comunista, visto come un soggetto mitologico, che vive nella miseria facendo elemosina e che deruba lo stato occupando le abitazioni. Questa delegittimazione è un fenomeno recente, anzi recentissimo. La parola comunista ha assunto una connotazione negativa, se non offensiva, dalla fine della Prima Repubblica, durante la quale il PCI usciva dalle elezioni del ’76 e dell’84 con il 34 e 33 percento. Un italiano su tre era allora un COMUNISTA, probabilmente vostro padre era comunista alla vostra età.

Da dove è nata dunque la paura per questa ideologia? Perché la società italiana (ma anche europea) ha emarginato questa parola a tal punto da renderla impronunciabile? Per rispondere a queste domande dobbiamo ricercare nella nostra storia politica contemporanea:

Sono passati trent’ anni dalla fine dell’URSS, trent’anni in cui sono successe tante cose:

• Crollo dell’Europa dei Muri:

Per cominciare nell’89 in Italia a seguito del crollo del muro di Berlino e della fine dei regimi comunisti, Occhetto, segretario del PCI all’epoca, organizzò una manifestazione dove annunciò la trasformazione del partito, abbandonando i principi marxisti e avvicinandosi a posizioni più democratiche e social democratiche.

• Tangentopoli e la fine dei vecchi partiti:

Poco dopo venne fuori lo scandalo di “Tangentopoli”, che mostrò agli occhi di tutti ciò che era stato tenuto per troppi anni sotto il tappeto di casa. La classe politica vacillò di fronte agli scandali e alla corruzione che le veniva attribuita. La Prima Repubblica crollò e tutti i partiti si sciolsero trasformandosi in qualcosa di nuovo per salvare la faccia. La nascita della nuova Repubblica portò appunto ad un nuovo assestamento politico, le ideologie non garantivano più consensi, lo si era visto nella teoria (i partiti promettevano molto e si dicevano onesti, ma poi avevano “le mani immerse nella marmellata”) e nella pratica (la caduta dell’URSS e di tutto il Blocco Sovietico ne è un esempio lampante). Serviva cambiare tutto, serviva una ventata di fresco, e così nacquero la pallida Quercia Socialdemocratica, il pacato Ulivo Democristiano.

• Politica d’antagonismo:

Ma soprattutto Berlusconi, Berlusconi ha spazzato via la DC, il partito che aveva rivaleggiato la Sinistra per 50 anni. Iniziava la sua ascesa un industriale, un uomo di spettacolo e genio assoluto del marketing (per la capacità con cui seppe saper vendere la sua immagine) che parlava alla pancia della gente (e per questo Berlusconi a parer mio è uno dei primi esempi di populismo in Italia). Seppe rispondere mettendo da parte le ideologie e conducendo una politica d’antagonismo: ogni volta che Berlusconi gridava al Comunismo la Sinistra si spostava sempre di più al Centro.

• La “Nuova Sinistra”:

Nell’elettorato di sinistra c’era disillusione: i comunisti avevano visto la fine di un’utopia, i socialisti si erano resi conto di quanto marcio fosse il loro partito ed il loro leader. Quanto meno il nemico comune portò ad un sentimento di appartenenza ad una corrente di sinistra, così ex comunisti, ex socialisti ed ex democristiani dell’ala democratica si riunirono sotto una stessa bandiera, per fronteggiare quel cattivone di Berlusconi, che continuava a fare propaganda chiaramente anticomunista, demonizzando il comunismo e a sua volta ridicolizzandolo, attraverso menzogne e dati alterati. La sinistra, anzi il nuovo centro sinistra non rispondeva anzi, cercava di mostrare la sua estraneità alla descrizione che si dava loro. Sono stati 20 anni di politiche palesemente anti-comuniste (un esempio è l’istituzione della giornata in ricordo delle foibe, voluta da Fini, per commemorare le vittime della ritorsione titina, fatto fino ad allora sconosciuto ai molti).

In tutto questo gli unici che hanno mantenuto i propri simboli sono stati quelli di Rifondazione, che a causa di scelte decisamente poco avanguardistiche si sono creati una nomea decisamente poco attrattiva.

È evidente come questi fattori abbiano contribuito alla mistificazione dei comunisti; chi si professava tale apparteneva ad un’ideologia ormai sepolta, e spesso, i pochi fedeli facevano parte a centri sociali o circoli chiusi e malvisti.

L’esito di questi processi politici è che le generazioni più recenti, come la nostra, sono nate in un mondo senza alternativa, dove esiste solo il progresso e l’avanzamento di questo sistema malato, che nonostante mostri sempre più limiti, continua a essere dato per scontato.

Noi giovani non abbiamo vissuto quando c’era l’Urss, siamo nati in un mondo dove il comunismo era finito, la Cina aveva intrapreso politiche capitalistiche, così il Vietnam e tutto il blocco occidentale.

Ci siamo arresi, senza neppure esserne consapevoli, ad una realtà unica, che, pur essendo stata capace di far arricchire un terzo del pianeta, mostra limiti irrisolvibili, primo fra tutti il problema ambientalista, che non può sottostare alle nostre leggi di sviluppo infinito.

Articolo di Edoardo Caruso e Filippo Masi